La massiccia intensificazione dei rapporti economici e l`incessante susseguirsi di relazioni intercorrenti tra imprese e sistema bancario, ha condotto i soggetti citati a strutturare la loro condotta nell`ottica di una regolamentazione dei rapporti correlati, mirante: da un lato, a soddisfare specifiche istanze legate alle dinamiche sostanziali delle aziende; dall`altro, a contemperare peculiari esigenze di natura garantistica sia di banche che dei creditori in genere, interessati, in un certo senso, alla solvibilità di un dato operatore economico con cui intrattengono rapporti di sorta.
Ed è proprio in tale ambito evolutivo che vengono ad insinuarsi in maniera sempre più pregnante delle fattispecie negoziali considerate quali validi strumenti operativi nella prassi finanziaria : si tratta nel caso specifico del fenomeno legato alle cc.dd. “lettere di patronage” (anche note come “lettere di raccomandazione o gradimento”).
Strutturalmente, la lettera di patronage consiste in una dichiarazione, normalmente diretta ad un istituto di credito, volta a favorire la concessione di un finanziamento o di un affidamento, ovvero il mantenimento o la proroga degli stessi in favore di un soggetto terzo.
In pratica, il soggetto dichiarante (PATROCINANTE, comunemente una società direttamente o indirettamente “controllante”) raccomanda una società (detta PATROCINATA, solitamente una “controllata”), nei confronti di un ente creditizio, al fine di rassicurare l`istituto concedente (in merito ad un fido, un prestito, una dilazione, ecc.) riguardo alla potenzialità del soggetto patrocinato, attinente alla volontà ed alla capacità di far fronte ai propri impegni.
Ma a quale disciplina far riferimento nella pratica?
La rilevanza giuridica del rapporto di patronage varia in dipendenza del rispettivo contenuto. Si distinguono a tal proposito lettere di patronage deboli e forti: tutto dipende dal grado di rilevanza degli impegni assunti dal patrocinante. Mentre nel primo caso (patronage debole) ci si trova al cospetto di una forma di dichiarazione con cui il patrocinante fornisce solo una serie di informazioni, che fungono alla stregua di una mera forma di rassicurazione, riguardante la solvibilità o la solidità economico-finanziaria del patrocinato, nel secondo caso (patronage forte), il patrocinante assume in un certo senso un obbligo di “facere”: invero il patrocinante si impegna a tenere una certa condotta, volta a garantire, se non l`adempimento del terzo, almeno la validità e la solidità delle condizioni economiche del patrocinato, nei confronti dell`ente creditizio concedente.
Per queste ragioni è proprio verso questa secondo tipologia di relazioni che si rinviene un maggior interesse di studio e per cui, soprattutto con il notevole ausilio della giurisprudenza, si è giunti a ricondurre il negozio in trattazione nell`alveo dello schema negoziale contenuto nell`art 1333 del C.C. (che attiene nello specifico la disciplina obbligatoria assunta a carico del solo soggetto proponente), considerando che in dette lettere il rapporto può avere validamente luogo senza bisogno di accettazione e quindi anche tramite atto unilaterale e non rilevando in tal caso né la mancanza di un vero e proprio contratto (ex art. 1333 C.C.), né la necessaria sussistenza di un negozio tipico previsto per la validità delle promesse unilaterali concesse (art. 1987 C.C.).
Studio Loria
Corso Vittorio Emanuele II n.187
Avellino
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