In epoca di improbabili slogan di genere e moderna terminologia, i fenomeni sociali più radicati rischiano quasi di passare in secondo piano. Oggi è di gran moda il dibattito su un fenomeno che, a ben vedere, fenomeno non è affatto: il femminicidio.
Si sono fatte le leggi per combattere il femminicidio e ora con altrettanto vigore bisogna studiare misure per prevenire la mattanza dei bambini dalle madri.
La campagna di disinformazione su questo non-fenomeno rischia di far passare inosservata la statistica sull’infanticidio e sull’abbandono di bambini da parte di giovani madri. Secondo i dati diffusi dalla SIN – Società italiana di Neonatologia, in Italia ogni anno 3000 neonati vengono abbandonati. Nel solo Policlinico Mangiagalli di Milano, nel 2012, sono stati praticati 1300 aborti, senza contare il permanente fenomeno degli aborti clandestini e la diffusione della “pillola del giorno dopo”, talvolta acquistata illegalmente via Internet.
Il volume di Vincenzo Mastronardi, Manuale per operatori criminologi e psicopatologici forensi, si sofferma poi su un dato sconvolgente: i casi di infanticidio nel 2011 sono stati 197. Negli ultimi anni la cifra conosce solo alcune variazioni, rivelando quindi un fenomeno stabile.
Si resta senza parole. Tra tutti i crimini, l’uccisione di un bambino è ciò che fa più orrore soprattutto considerando che quasi sempre sono le mamme stesse a compierlo.
Del resto, il giustificazionismo a tutti i costi nei riguardi della violenza femminile – quando è lei e non lui a vestire i panni del carnefice che abusa del più debole – è pane quotidiano, come ci insegnano le teatralizzazioni mediatiche dal delitto di Cogne ad oggi, le diagnosi immediate di depressione post-partum e tutti gli altri ombrelli sotto i quali il “male” commesso dalle donne è messo invariabilmente al riparo.
Identici sforzi di comprensione umana, senza essere neanche portata a questi eccessi, non è però riservata al “male” commesso dagli uomini; quello non ammette giustificazioni di sorta.
Personalmente ritengo che il femminismo e l’egualitarismo di genere abbia prodotto e continui a produrre guasti gravi e drammatici nelle coscienze femminili, facendo passare la donna vittima a prescindere in ogni caso e i cui effetti sono visibili e tangibili, con tutto il carico della loro tragicità, nel fenomeno crescente dell’infanticidio da parte delle madri.
Quando si corrompe il naturale corso dell’istinto materno, in nome di un’autoaffermazione narcisistica ed egocentrica a cui molte donne sembrano essersi votate, gli effetti possono essere anche questi.